Stella

15 Dicembre 2008 Nessun commento

17 aprile 1987

Una notte Stella abbassò lo sguardo e vide il mare. Ne rimase incantata: non immaginava che esistesse qualcosa oltre il cielo. Era splendido, immenso, profondo e misterioso. Poi scoprì la Luna che ci si specchiava e cominciò a giocare con i suoi riflessi. Conobbe i pesci, le stelle marine e le conchiglie e ogni volta inventò un gioco nuovo. Successe, però, che una notte iniziò a correre e si allontanò dal mare fino a scoprire la sabbia, la spiaggia e gli alberi. Un tripudio di forme, odori e colori che la sconvolsero, non ne era mai sazia abbastanza.

Venne il giorno e Stella andò a dormire, ma la notte dopo tornò sulla spiaggia e fra gli alberi. E fu proprio mentre si riempiva gli occhi di quei colori che qualcosa attrasse la sua attenzione. Qualcosa brillava intensamente nel bosco: erano gli occhi di un uomo. Stella si tuffò in quei laghi immensi, nuotò nelle sue acque limpide e conobbe l’amore. Non aveva mai provato nulla di così violento eppure tanto dolce… passione e tenerezza, desiderio e comprensione.

Fu per questo che iniziò a scaldarsi e a brillare sempre di più, desiderando che lui la vedesse. L’uomo scrutava il cielo, guardava la luna e cercava le stelle, fra mille difficilmente si sarebbe accorto proprio di lei. Stella lo capì, così si lasciò cadere giù, sempre più giù, e gli regalò un desiderio. Lui la vide e fu sua per sempre.

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Favola dell’8 dicembre

12 Dicembre 2008 7 commenti

Il sapore della sigaretta appena accesa mi riportò indietro di… quanti anni erano passati? Cinque, forse, ma non ne ero sicura. Il tempo era trascorso in maniera poco lineare dal primo natale passato insieme, fino all’ultimo in cui lo vidi. L’aria gelida di dicembre odorava di legna e di festa, proprio come quella sigaretta, la prima di una lunga giornata trascorsa sulle pagine di un libro. Cercavo di non pensare e, da sempre, i libri erano stati i migliori complici delle mie evasioni dalla realtà. Solo che la realtà è un carcere dal quale non si può fuggire, non per sempre almeno, se non si vuole rischiare la vita. Prosegui la lettura…

Nataleblob

7 Dicembre 2008 9 commenti

Mancano solo un paio di settimane alle odiate/amate feste natalizie e ne approfitto per pubblicare un racconto scritto nel ’99 e pubblicato la prima volta sul sito di un caro amico scrittore.  Oggi, alcune di quelle persone citate nel racconto non ci sono più… Sento la mancanza di una di loro, soprattutto, che se ne è andata prima del tempo, lasciando me e la mia famiglia poco prima di quel Natale, improvvisamente gelido e doloroso. Non ho fatto in tempo a dirle tante cose, né a farle leggere questo racconto di cui le avevo parlato… Dopo, niente è stato più lo stesso. A zia Lù, sempre nel mio cuore. Prosegui la lettura…

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Musicisti con la testa

5 Dicembre 2008 10 commenti

Elio e le storie tese rifiutano l’Ambrogino d’Oro, spiegando in una lettera al Comune di Milano le  motivazioni della loro decisione. Ringraziando chi ha proposto il loro nome, il gruppo ritiene di non poter accettare la Benemerenza perchè in disaccordo con la scelta del Comune di non assegnare l’Ambrogino a Enzo Biagi e la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano.

“Come abbiamo fatto in questi vent’anni – aggiungono – continueremo a rappresentare al meglio Milano, la città in cui siamo nati, viviamo e lavoriamo; che amiamo profondamente e che, proprio per questo, vorremmo vedere meglio trattata e rappresentata dalla sua amministrazione comunale”.
Fonte: Il Giorno

Sono ancora in tempo?

2 Dicembre 2008 16 commenti

Sono nata con la televisione in b/n, i dischi in vinile e il telefono fisso. Ho assistito alla diretta televisiva dello sbarco sulla luna (ero piccola, ma me la ricordo!) e ai reportage sul rapimento Moro. Leggevo Provolino, avevo la bambola Fanella e guardavo Maga maghella. Per anni sono andata a letto dopo carosello, ho mangiato i formaggini di Susanna e bevuto l’acqua idrolitina. L’ascensore di casa mia andava con 10 lire e un gelato lo compravi con 100. Ora tutto questo è preistoria, ma io non assomiglio ai protagonisti di Jurassic Park. Quando rivedo le immagini di repertorio della mia infanzia ogni cosa sembra lontana anni luce, come se avessi fatto un salto nell’iperspazio.

Nonostante cellulari, DVD, computer e TV satellitare, mi sembra però che la nostra crescita sia stata inversamente proporzionale al progresso. Nella mia vita tutto è avvenuto in ritardo rispetto all’implicita tabella di marcia della società: a 15 anni la prima esperienza sessuale, a venti l’università, a trenta matrimonio e figli, a quaranta una carriera di successo, viaggi e agiatezza economica. Io ho fatto l’amore la prima volta a vent’anni, mi sono iscritta all’università a ventiquattro, a trenta ho lasciato il mio fidanzato storico e ho detto addio a una probabile carriera di successo qualche anno fa, dopo aver cercato inutilmente di oppormi alla folle logica di un imprenditore ‘malsano’.

E continuo ad essere in ritardo… mi dilungo, mi allungo, dilazionandomi esasperatamente nel tempo. Prolungo gli istanti che in breve si trasformano in minuti, in ore preziose rubate al “fare quotidiano”. Un fare inutile, dissociato e disorganizzato che dovrebbe contribuire alla crescita del PIL, ma si riduce a un isterico andirivieni di insetti alienati che accumulano cibo per la sopravvivenza.
Io però rallento,  seguendo un metronomo invisibile che impone il ritmo ai miei movimenti.

Ritardo e penso. Ritardo e sono. Ritardo e vivo.

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