Scrivo

10 Luglio 2009 10 commenti

Scrivo, stanotte, senza avere un argomento preciso. Scrivo per scaricare la tensione, nonostante le mani tremino ancora per lo sforzo di mantenere la calma. Non riesco a mostrare quella solidità affettiva su cui poter fare affidamento e su cui, peraltro, qualcuno conta. Io ci sono, ma lo sguardo sperduto mi tradisce e rivela il dolore che provo per una perdita che non mi riguarda, ma mi appartiene. Gli occhi parlano più della mia bocca. Si sgranano, si addolciscono, prendono fuoco e si allagano come fossi un bambino che assiste all’atterraggio di un’astronave aliena.

E vorrei chiedere scusa per non riuscire a essere più forte. Per non riuscire a trattenere lacrime egoiste dinanzi a chi deve poter piangere sulla mia spalla. E vorrei dire grazie a chi comprende la complessità di queste emozioni e mi sorprende con una delicata ma intensa presenza. A chi divide con me il peso di parole violente dette nel momento sbagliato. Persone meravigliose che sanno rassicurare con un abbraccio, che sanno amare con un sorriso, che non fuggono anche se avrebbero voglia di farlo. Persone che si fidano e ti aprono il cuore, che ti regalano ‘grazie di cuore’ e che non hanno paura di mostrare i loro sentimenti.

Se potessi mettere tutte queste persone su una bilancia otterrei il peso di una vita spesa a cercare di migliorare. Una vita in cui la cosa più difficile è stata imparare a non fidarsi sempre degli altri. Ma che vita è se pensi che ovunque siano annidati potenziali nemici? Non so vivere così… non voglio vivere così. Ora, però, in questo momento di grande dolore, ritrovo sguardi e abbracci che mi restituiscono fiducia. Bevo da questi cuori per spegnere una sete mai placata. E non mi sento sola.

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Coazione a ripetere #1

4 Luglio 2009 14 commenti

Woman Prophet - Un disegno di John Jude PalencarCi sono frasi, all’apparenza banali, che le donne almeno una volta nella loro vita hanno detto. A un amico, al proprio uomo, al fratello o al padre. E, se non hanno avuto il coraggio di dirla, di sicuro l’hanno pensata. Una frase che non serve a niente, ma accentua l’incomunicabilità tra uomo e donna, con la sottile allusione che noi ‘siamo le migliori‘ …
Naturalmente, anche io l’ho pronunciata in diverse occasioni, solo pensavo fosse il risultato di un processo di maturazione che arrogantemente mi arrogavo.
Invece, circa un anno e mezzo fa, assisto alla seguente scena.

Location: Roma, facoltà di Architettura, via Gramsci. Esterno giorno.
Protagonisti: Due studenti, un Lui e una Lei. Neanche 50 anni in due. Amici, colleghi, forse fidanzati o sul punto di.

Lui l’ascolta da circa 20 minuti, dopo aver tentato invano d’interrompere il suo accorato sproloquio e aver assunto, nell’ordine, l’espressione interessata, contrariata, afflitta, rassegnata.
E Lei, con aria di rimprovero, alla fine non resiste e la dice: “…Tu non vedi oltre!
E Lui: “Ma oltre de’ che?!

Ecco. Lei non avrà avuto neanche 25 anni…
Ma poi mi chiedo: perchè invece di dirglielo, non glielo facciamo vedere questo oltre?! E, soprattutto, perché non possiamo accettare che è possibile vedere le stesse cose in modo diverso? No. Se non la pensano come Noi, Loro non vanno oltre.
Mah. Io ci sono stata a Oltre, niente di che e, soprattutto, ci sono solo donne! 😉

Confessioni di una mente ‘paurosa’

2 Luglio 2009 11 commenti

Tutte le parole accumulate nelle ultime 72 ore si scompongono e ricompongono a velocità folle nella mente. Si accoppiano e scoppiano, formando pensieri e frasi sconnesse che singhiozzano come amanti abbandonati. Provo a farle uscire dalla bocca e dalle mani, ma sento la voce di un’altra che dice ciò che pensa e che sente. Una morsa le attanaglia lo stomaco, le strozza la voce, e le lettere suonano sincopate, stonate a volte, frammentate dalla paura.

Chiudimi questa cazzo di bocca con un bacio. Toglimi il respiro fino a farmi morire. Voglio rinascere come campo arato pronto per la semina. Bagna la mia terra con acqua di sorgente, rinfrescami le idee, aiutami a far nascere germogli.

Vomito parole per riuscire a placare lo stomaco, ma resta la nausea di cento sigarette e il corpo provato dopo la tensione e lo sforzo…  Seduta al buio, davanti a un sipario, cerco di accantonare i pensieri perdendomi nei corpi che danzano sinuosi al ritmo di mani e chitarre, ma balzano agli occhi, tra tanti, i movimenti rigidi e legnosi di chi non riesce a sincronizzare il corpo con la mente. Inizio a muovere i fianchi cercando quel movimento che genera vita, ma non ci riesco, le membra stanche e spossate da troppe notti insonni. Mi manca il respiro a furia di reprimere quel grido strozzato rimasto in gola dal giorno in cui ho visto la luce.

E ora tu mi dici che posso, che devo far sentire la mia voce. Mi chiedi di lasciarmi andare, di godere come non ho mai fatto in vita mia, ma io resto paralizzata, schiacciata da una sconfitta annunciata che rende inutile qualsiasi tentativo di ribellione. Stresso la mente per placare il corpo, ma non ho alcuna resistenza, non ho più controllo su ciò che sento, basta una parola, un gesto, uno sguardo e la resa è totale.

Sdraiati accanto a me, accarezzami fino a sfinirmi. Sciogli tutte le mie resistenze e provami che posso fidarmi di te, anche solo per una notte. Regalami un sonno tranquillo, convincimi che non devo avere paura delle tue carezze. Dimmi che non merito solo botte e insulti, asciuga le mie lacrime con la tua bocca e resta sdraiato su di me fino a che il battito del mio cuore non tornerà regolare”.

Chiudimi la bocca, non farmi parlare. Dimmi cosa devo fare e io lo farò, ma per favore, non lasciare la mia mano adesso, muoio di paura.

Segni del tempo

30 Giugno 2009 11 commenti

Me in Paris - August 2007Ho sempre pensato che il tempo scorresse a diverse velocità, lasciando tracce più o meno evidenti nella nostra vita. C’è chi riesce a fermarlo su corpi plastificati dalla chirurgia estetica, chi anestetizza la propria mente e usa parole che non conosce per costruire frasi vuote che vanno di moda. C’è chi cancella i segni della storia perché non riesce a farci i conti e chi, con un colpo di spugna, annulla tutti gli errori per tornare a commetterli senza rimorsi. E’ un pò l’immagine dominante del nostro paese, quella di un vecchio con rughe stirate, capelli posticci e denti da cantante.

Come ogni donna che non assomiglia a una modella ritoccata con photoshop, osservo i segni del tempo stabilirsi sul mio corpo e le ‘cicatrici’ da battaglia, sulle quali sapevo inventare leggende metropolitane, sono lì a ricordarmi che la carne non è indistruttibile come la volontà. E penso al prossimo amante al quale dovrò mostrarle, sapendo di non potergli regalare quel corpo bianco e vellutato che ancora sopravvive nella mia memoria.

Perché, nonostante la vita sia sovrappopolata di specchi, la nostra immagine interna spesso si sovrappone a quella esterna e ci vediamo belli o brutti a seconda del piede con cui scendiamo dal letto la mattina. Io mi sono sempre piaciuta, prima di guardarmi allo specchio. La mia pelle non ha cicatrici e ogni mattina mi guardo, sperando che quei segni permanenti siano solo il ricordo di un brutto sogno. Niente da fare. Forse dovrò abbassare le luci la prossima volta che mi spoglierò o, forse, incontrerò qualcuno capace di trasformare i segni del tempo in parole d’amore.

Undermyskin

27 Giugno 2009 11 commenti

Sotto la mia pelle c’è un fascio di muscoli e nervi allenato a tenere duro, ma la pelle è così sensibile che basta uno sguardo, una nota, una voce o un sogno ad allentarli. Non ci sono confini a ciò che possiamo permetterci emotivamente, contrariamente ai limiti che la realtà materiale c’impone. E la mia pelle sente, registra e reagisce.

Nonostante l’autocontrollo che dalla nascita ci hanno insegnato a esercitare, ho assistito impotente alle reazioni del mio corpo senza che la ragione facesse in tempo a dire la sua. Reazioni giuste o sbagliate, non per chi era lì a osservare, ma per le conseguenze che ho sempre pagato in prima persona. E, voglio dirlo, i conti più salati sono stati pagati fino all’ultimo centesimo, non ho debiti emotivi. Magari potessi avere la stessa situazione sul mio conto in banca.

Tutte le persone che in qualche modo hanno fatto parte della mia vita non hanno più alcun credito nei miei confronti. Ho dato sempre più di quanto avrei dovuto, per sensi di colpa, per bisogno di approvazione o per la sindrome della gheisha, senza mai chiedere niente di più di quello che mi si voleva dare. Non è che in questo sia molto cambiata, non mi piace e non m’interessa chiedere, però i nervi e i muscoli m’impediscono di dare quello che potrei e vorrei a chi non è capace di accarezzarmi. E, incredibile ma vero, le carezze le ricevo sempre da chi meno me le aspetto.

P.S. Posto il video di questo pezzo che la radio ha trasmesso oggi, mentre ero in macchina. Dinanzi a me nuvole nere si addensavano sulla strada gettando strane ombre sulla campagna intorno.  Se avessi avuto un’altra auto, forse, avrei proseguito per chissà dove. Quando ho sentito le note di Wish You Were Here mi è tornata in mente una persona. Qualcuno che non vedo da almeno 5 anni, l’unico uomo della mia vita che non è mai tornato indietro. Lui mi ha accarezzato davvero e poi se ne è andato dandomi un sonoro ceffone. Non lo meritavo, lui lo sapeva, ma non ha saputo fare altrimenti. Credo di avergli regalato una nuova vita, lo spero almeno. Non ho rimpianti, né rimorsi. Spero stia bene e credo pensi spesso a me, probabilmente più di quanto non faccia io.

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