John Stockwell, regista di Blue Crush e Trappola in fondo al mare (film di cui si può tranquillamente fare a meno), dirige Susan Sarandon e la figlia, nella vita e nel film, Eva Amurri in una pellicola selezionata per Alice nelle Città, la sezione dedicata ai ragazzi. La storia parla, infatti, di adolescenti incompresi e di rapporti genitori-figli, in cui sono gli adulti ad essere immaturi mentre i ragazzi, delusi dalla mancanza d’affetto, rischiano di fare scelte che mettono a rischio la loro vita.
Il film è lento e piatto. Scontata la motivazione della delusione affettiva per giustificare l’abuso di alcool e il sesso, solo accennato, senza amore. Gli adolescenti protagonisti, dai 16 ai 19 anni, non sono né dei ribelli maledetti, né modelli di virtù. Lavorano per necessità o perché sono obbligati, ma i tentativi per trovare la propria strada sono sempre timidi e banali. La sedicenne (Willa Holland) che si taglia i capelli, compromettendo un futuro da modella, si è vista in mille film. Depressione=taglio di capelli. La sorella diciannovenne (Eva Amurri), che decide di spacciare marijuana per pagarsi l’iscrizione al college, rimane sempre una brava ragazza di provincia. Il ragazzo ricco adottato (Anton Yelchin) che si ribella alla famiglia e cerca di trovare la vera madre, per poi scoprire di non poter costruire nessun rapporto con una donna rassegnata alla mentalità di provincia, è forse l’unico personaggio ad avere una potenzialità. Purtroppo, il regista mantiene anche su di lui uno sguardo distaccato e, mentre si aspetta che il film abbia una svolta, arrivano i titoli di coda.
Brava la Sarandon che, comunque, non ha più di quattro scene. Sconvolgente la somiglianza con la figlia avuta da Franco Amurri (non lo sapevo!), di cui ho scoperto un bellissimo ritratto fatto da Robert Mapplethorpe, parte della collezione del Guggenheim Museum.
Voto: 5
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