Ho sempre pensato che il tempo scorresse a diverse velocità, lasciando tracce più o meno evidenti nella nostra vita. C’è chi riesce a fermarlo su corpi plastificati dalla chirurgia estetica, chi anestetizza la propria mente e usa parole che non conosce per costruire frasi vuote che vanno di moda. C’è chi cancella i segni della storia perché non riesce a farci i conti e chi, con un colpo di spugna, annulla tutti gli errori per tornare a commetterli senza rimorsi. E’ un pò l’immagine dominante del nostro paese, quella di un vecchio con rughe stirate, capelli posticci e denti da cantante.
Come ogni donna che non assomiglia a una modella ritoccata con photoshop, osservo i segni del tempo stabilirsi sul mio corpo e le ‘cicatrici’ da battaglia, sulle quali sapevo inventare leggende metropolitane, sono lì a ricordarmi che la carne non è indistruttibile come la volontà. E penso al prossimo amante al quale dovrò mostrarle, sapendo di non potergli regalare quel corpo bianco e vellutato che ancora sopravvive nella mia memoria.
Perché, nonostante la vita sia sovrappopolata di specchi, la nostra immagine interna spesso si sovrappone a quella esterna e ci vediamo belli o brutti a seconda del piede con cui scendiamo dal letto la mattina. Io mi sono sempre piaciuta, prima di guardarmi allo specchio. La mia pelle non ha cicatrici e ogni mattina mi guardo, sperando che quei segni permanenti siano solo il ricordo di un brutto sogno. Niente da fare. Forse dovrò abbassare le luci la prossima volta che mi spoglierò o, forse, incontrerò qualcuno capace di trasformare i segni del tempo in parole d’amore.
Sotto la mia pelle c’è un fascio di muscoli e nervi allenato a tenere duro, ma la pelle è così sensibile che basta uno sguardo, una nota, una voce o un sogno ad allentarli. Non ci sono confini a ciò che possiamo permetterci emotivamente, contrariamente ai limiti che la realtà materiale c’impone. E la mia pelle sente, registra e reagisce.
Nonostante l’autocontrollo che dalla nascita ci hanno insegnato a esercitare, ho assistito impotente alle reazioni del mio corpo senza che la ragione facesse in tempo a dire la sua. Reazioni giuste o sbagliate, non per chi era lì a osservare, ma per le conseguenze che ho sempre pagato in prima persona. E, voglio dirlo, i conti più salati sono stati pagati fino all’ultimo centesimo, non ho debiti emotivi. Magari potessi avere la stessa situazione sul mio conto in banca.
Tutte le persone che in qualche modo hanno fatto parte della mia vita non hanno più alcun credito nei miei confronti. Ho dato sempre più di quanto avrei dovuto, per sensi di colpa, per bisogno di approvazione o per la sindrome della gheisha, senza mai chiedere niente di più di quello che mi si voleva dare. Non è che in questo sia molto cambiata, non mi piace e non m’interessa chiedere, però i nervi e i muscoli m’impediscono di dare quello che potrei e vorrei a chi non è capace di accarezzarmi. E, incredibile ma vero, le carezze le ricevo sempre da chi meno me le aspetto.
P.S. Posto il video di questo pezzo che la radio ha trasmesso oggi, mentre ero in macchina. Dinanzi a me nuvole nere si addensavano sulla strada gettando strane ombre sulla campagna intorno. Se avessi avuto un’altra auto, forse, avrei proseguito per chissà dove. Quando ho sentito le note di Wish You Were Here mi è tornata in mente una persona. Qualcuno che non vedo da almeno 5 anni, l’unico uomo della mia vita che non è mai tornato indietro. Lui mi ha accarezzato davvero e poi se ne è andato dandomi un sonoro ceffone. Non lo meritavo, lui lo sapeva, ma non ha saputo fare altrimenti. Credo di avergli regalato una nuova vita, lo spero almeno. Non ho rimpianti, né rimorsi. Spero stia bene e credo pensi spesso a me, probabilmente più di quanto non faccia io.
Mentre tornavo a casa in scooter ieri sera, a mezzanotte e mezza circa, ascoltavo con l’ipod questo pezzo degli Emerson, Lake and Palmer. La prima volta che l’ho ascoltato credo di aver avuto 10 o 11 anni. I miei vicini di casa, con cui sono cresciuta, me la suonavano con la chitarra. Andrea che era mio coetaneo l’aveva imparata dal fratello più grande Marco, 4 anni più di me, di cui ero un pò innamorata.
Anzi, per dirla tutta, mi ero innamorata di Marco il giorno in cui, seduto sul letto della sua camera, aveva imbracciato la chitarra e aveva iniziato l’arpeggio di From the Beginning. Mi piaceva questa cosa che mentre suonava batteva le dita sulla cassa… e per la prima volta non l’ho guardato come un fratello. Sono passati un mucchio di anni e avevo quell’arpeggio sempre in testa, ma non ricordavo più il titolo del pezzo. Poi, una sera, sulla spiaggia di Sperlonga ho chiesto a un amico, Fabio, se conosceva il nome di quel pezzo degli ELP con l’arpeggio e lui ha immediatamente tirato fuori il titolo. Ricordo di essergli saltata al collo, abbracciandolo dalla felicità. Tutte le volte che ho sentito Fabio al telefono, negli anni successivi, prima della sua voce partiva sempre From the Beginning che mi faceva ascoltare dalla radio… So che quando l’ascolta ancora si ricorda di me. 🙂
I libri di questa saga mi hanno divertito e appassionato, pur essendo per un target adolescenziale. Ma i vampiri, una mia passione, e il fatto che mentre leggevo mi confrontavo con mia nipote Carlotta (14 anni, lei è il target giusto), hanno contribuito non poco alla sopravvivenza del mio indistruttibile lato adolescenziale! Il primo film non è stato all’altezza del romanzo, ma alcune cose funzionavano, come ad esempio i protagonisti principali. Quindi, ora vedremo se con il secondo avranno aggiustato il tiro. Il trailer promette bene.
Ecco una gallery di immagini prese da Home, il film prodotto da Luc Besson e realizzato da Yann Arthus Bertrand in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente. Si tratta di un viaggio spettacolare nei luoghi più suggestivi della Terra, ma anche in posti devastati dall’uomo. Dovunque, anche dove i paesaggi sono stati deturpati o distrutti, una speciale telecamera in HD ha consentito riprese d’incredibile qualità, che proiettano lo spettatore dentro le foreste o sui ghiacciai.
Il film è disponibile integralmente su youtubefino al 14 giugno e io ne consiglio a tutti la visione. Non ho resistito, però, alle immagini che ho catturato dal film e che posto qui come fossero quadri, per chi avesse voglia di guardarli e per me, che voglio conservare la magia e la bellezza del nostro pianeta tra i miei ricordi.
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