Gioie che non avrò mai,
gioie che sfuggono tra le dita
mentre le guardo muovere piccoli passi.
Gioie che sfiorano il cuore
tenendosi a distanza per non provocarne i battiti.
Gioie che agogno, ma non so godere
non so più perché.
A volte ho paura dell’ombra nera che offusca la mente
e me ne vergogno, ma ancor più
mi vergogno dei pensieri bui che paralizzano.
E non so se è colpa mia.
Oh quanto avrei voluto essere un poeta,
per annegare il dolore in versi
per far dell’arte un’alibi
e lasciar di me qualcosa che regali gioie
le gioie che non avrò mai.
a Sylvia Plath
- Sylvia Plath
Colori scivolano nella mia vita. Sbucano fuori da cassetti dimenticati, svaniscono nelle giornate uguali che riempio di panorami ricavati da scorci quotidiani, ritornano nelle voci al telefono e negli sguardi che conservo gelosamente.
Colori scoperti e ritrovati trasformano il nero in una varietà di rosso o di blu. Colori trasfigurano le mura umide in angoli di design. Colori sulle copertine dei libri e dei dvd, colori in cucina e tra le creme e i bagnoschiuma. Ricordi in bianco e nero mi svelano i colori di oggi e ho paura, a volte, di perdermi in un arcobaleno come in un film a disegni animati.
Ho avuto il mio periodo nero, quello viola e poi l’arancio e il turchese pur non essendo Picasso. Non so scegliere un colore per questi giorni, forse il rosso per via del Natale, ma anche il blu e l’argento delle stelline. Forse tutti i pantoni e le palette di photoshop, sfumature per ogni occasione. Bianco per le pareti, rosso per le cucine, azzurro per i divani, nero e acciao per le lampade, verde per gli accessori.
Oscillo tra mille colori e la paura di osare, di crederci e di fidarmi di quello che sento.
Sogno ad occhi aperti il turchese del mare e l’azzurro del cielo di New York, com’era a dicembre del 2005. Mi perdo nel verde degli occhi e mi ritrovo nel caldo sguardo castano allo specchio, dopo aver fatto l’amore. Cammino su un filo di lana sperando di farne un pullover per gli inverni più freddi, ma anche per le tiepide sere d’estate. Assaporo l’inverno e le feste che verranno, ancora una volta diverse. Ma, come sempre, la differenza è sempre ed esclusivamente negli occhi di chi guarda.
Non piango
foglie autunnali
alibi della stagione
Salice
piango germogli
io sempreverde.
Prendo in prestito una vecchia, ma sempre bella, poesia di Gabriella pubblicata qui, perchè racconta come solo una poesia sa fare la natura di certe lacrime.
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