Non so bene perché, ma ultimamente penso alla danza. E’ un pensiero che non ha contorni netti, piuttosto una serie d’immagini in cui danzo scene di musical, valzer o assoli di moderna e contemporanea.
Io amo il ballo, ma come spettatrice o, ai limiti, come ballerina ‘sotto la doccia’. Nel senso che, come chi canta sotto la doccia, mi capita spesso di ballare da sola in casa, mentre metto in ordine o spolvero ascoltando musica.
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Ho sempre pensato che il tempo scorresse a diverse velocità, lasciando tracce più o meno evidenti nella nostra vita. C’è chi riesce a fermarlo su corpi plastificati dalla chirurgia estetica, chi anestetizza la propria mente e usa parole che non conosce per costruire frasi vuote che vanno di moda. C’è chi cancella i segni della storia perché non riesce a farci i conti e chi, con un colpo di spugna, annulla tutti gli errori per tornare a commetterli senza rimorsi. E’ un pò l’immagine dominante del nostro paese, quella di un vecchio con rughe stirate, capelli posticci e denti da cantante.
Come ogni donna che non assomiglia a una modella ritoccata con photoshop, osservo i segni del tempo stabilirsi sul mio corpo e le ‘cicatrici’ da battaglia, sulle quali sapevo inventare leggende metropolitane, sono lì a ricordarmi che la carne non è indistruttibile come la volontà. E penso al prossimo amante al quale dovrò mostrarle, sapendo di non potergli regalare quel corpo bianco e vellutato che ancora sopravvive nella mia memoria.
Perché, nonostante la vita sia sovrappopolata di specchi, la nostra immagine interna spesso si sovrappone a quella esterna e ci vediamo belli o brutti a seconda del piede con cui scendiamo dal letto la mattina. Io mi sono sempre piaciuta, prima di guardarmi allo specchio. La mia pelle non ha cicatrici e ogni mattina mi guardo, sperando che quei segni permanenti siano solo il ricordo di un brutto sogno. Niente da fare. Forse dovrò abbassare le luci la prossima volta che mi spoglierò o, forse, incontrerò qualcuno capace di trasformare i segni del tempo in parole d’amore.
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