Animal Kingdom è come un pugno nello stomaco quando meno te lo aspetti. Uscendo dalla sala, dopo l’anteprima, è così che mi sono sentita: come se mi avessero preso a pugni mentre ero tra gli scaffali del supermercato a comprare biscotti.
La violenza scivola tra i giardini e le strade di una periferia che sembra la squallida anticamera di Melbourne, una città ricca di giardini lussureggianti e architettura vittoriana, piena di tram, di caos e di vita. Non c’è vanità in questi criminali che non indossano abiti firmati, non sfoggiano macchine di lusso e non vivono in palazzi signorili. Sono persone ordinarie, che fanno la spesa al supermercato e vivono in case di periferia dotate di ogni elettrodomestico, unico indizio delle ricchezze accumulate con rapine e spaccio di droga, delle tane nelle quali trovano rifugio, qualunque cosa accada. Persone sciatte e prive di gusto che passano inosservate, fino a quando non trasformano l’arroganza e l’ignoranza in violenza senza mezzi termini e, spesso, senza via di scampo. Sia che si tratti di accendersi una sigaretta in un bar, infischiandosene dei divieti e dei richiami della cameriera, sia che si tratti di minacciare con la pistola un automobilista arrogante. Man mano che il film si sviluppa, anche il più semplice gesto di uno dei membri della famiglia Cody ci fa stare in tensione, in attesa del peggio.
Prosegui la lettura…
Questo è un film in cui “il cinema tedesco riannoda le fila con il suo passato”. Questa la frase che il programma riporta nella trama. No, non è un film sul nazismo o sulle sterminazioni degli ebrei, bensì sul terrorismo rosso. E’ la storia di un terrorista della RAF che viene scarcerato dopo ventanni di prigione per aver ucciso due uomini, un capitalista e il suo giardiniere. Si ritrova per vicina di casa proprio la figlia del giardiniere, all’epoca una bambina.
Forse poteva pure interessare un approfondimento su un argomento come questo, meno popolare rispetto ai ben più gravi orrori del nazifascismo, ma purtroppo si tratta di un film veramente noioso e girato tutto con un filtro che richiama alla mente Munich di Spielberg, ma che sembra piuttosto un esperimento di fotografia. Ho anche dormito.
Voto: 3
Ho capito una cosa: il cinema italiano ha deciso di dare un’immagine della nostra realtà in cui i giovani, nel periodo confuso dell’adolescenza, sono violenti, spacciatori, stupratori e bari. In seguito, quelli che hanno qualche dubbio sulla moralità delle loro scelte si redimono, magari diventando magistrati, ma lasciando dietro di loro una scia di crimini che resta impunita.
Non ho parole neanche per questo film che, però, a differenza di Un gioco da ragazze, è girato e recitato decentemente. Ma anche Elio Germano, che finora non aveva sbagliato un colpo, è sopra le righe in parecchie scene del film.
Peccato per Daniele Vicari che con L’orizzonte degli eventi aveva dato una buona prova, ma che in questa storia si limita a rappresentare una cronaca della quotidianità nella quale non c’è spazio per immagini diverse, né per un messaggio positivo. La ricerca di un’identità sembra che debba per forza passare, almeno per i giovani italiani, attraverso la violenza e l’illegalità.
Voto: 3
Un western classico, diretto da Ed Harris che ne è anche interprete insieme a Viggo Mortensen, Renèe Zellwegger e Jeremy Irons. Una regia che non cerca mai di strafare e stupire con effetti speciali, privilegiando piuttosto la sceneggiatura ben scritta e piena d’ironia. I due protagonisti divertono con i loro duetti, sfatando il mito del classico pistolero perfetto. Virgil Cole (Ed Harris) è un famoso sceriffo che per mestiere ristabilisca pace e legge nelle cittadine del west, ma è anche un uomo impacciato quando si tratta di parlare, nonostante si sforzi di leggere e imparare. Fortunatamente, ha al suo fianco l’ex-militare Everett Hitch (Viggo Mortensen), sempre pronto a suggerire la parola giusta o a freddare nemici con la sua doppietta. Prosegui la lettura…
Prima della proiezione è intervenuto il produttore Maurizio Totti informando la stampa che il film al quale assisteremo ha purtroppo avuto il visto della censura ai minori di diciotto anni, causando seri problemi per la distribuzione. “Giudicate voi – dice il produttore – fateci sapere ciò che ne pensate”.
Alla fine della proiezione il mio giudizio, condiviso da molti anche a giudicare dalla reazione in sala, è il seguente: il film va vietato alle sale cinematografiche. E’ un insulto agli attori (quelli che lo sanno fare questo mestiere), un insulto agli sceneggiatori, ai registi e al pubblico. Un insulto al cinema.
Voto: 0
V-Visitors