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Vite di striscio

22 Febbraio 2010 5 commenti

Vite di striscio mi passano accanto, entrano nella mente a interrompere i pensieri.
Note tristi e melanconiche che alterano l’armonia del pensiero, scritta e riscritta più volte per ottenere una melodia piacevole da suonare e ascoltare. Sono vite che sfiorano la realizzazione o che le camminano accanto, su strade parallele che non si incontreranno mai. Sogni infranti, i cui frammenti sono stati incollati migliaia di volte come vasi preziosi usurati dal tempo. E in quei frammenti rivedo traguardi che non mi appartenevano ma per i quali ho corso a lungo, sfibrando i muscoli, perdendo il fiato. Ritrovo immagini antiche che avevano il loro fascino, ma in cui i volti erano quelli sbagliati. E mi chiedo quanto anche la mia non possa essere un’esistenza di striscio.

A volte sento la pienezza di alcune sensazioni e ho la certezza di una vita vissuta senza mai dare nulla per scontato, in cui ho prima cercato di capire e poi cercato di ritrovare il sentire. E se con la ragione era facile costruire alibi e inventare scuse, con la pancia c’è poco da ‘filosofare’.  Osservo vite confuse che cercano linfa vitale in sottili distrazioni e penso che da quelle vite sono nati figli meravigliosi, quasi per caso. E penso, poi, che meravigliosi sono i bambini perché germogliano pure in mezzo alla gramigna, anche se dovranno trovare terreni irrigati in cui prosperare per evitare di inaridirsi con il tempo.

E torno a osservare atleti diventati agenti immobiliari, che corrono la domenica mattina sognando traguardi irraggiungibili; aspiranti musicisti tamburellare con invisibili bacchette su scrivanie d’ufficio; sognatori romantici che vivono dentro a un cassetto; e tutti, o quasi, non riescono a godersi il presente persi nella nostalgia e nella speranza, nel migliore dei casi, nei rimpianti e nelle aspettative, nel peggiore.

Io, il presente ho imparato ad apprezzarlo molto tempo fa, ventanni per la precisione. E questo non mi ha impedito di conservare memoria del passato, né di fare progetti per il futuro. Di progetti ne ho sempre avuti tanti e alcuni li ho anche realizzati, altri sono in fase di costruzione, ma il progetto più importante è sempre in divenire.

E’ quello più ambizioso, lo so, quello per cui ho sempre lottato e per il quale mi sono scoraggiata fino quasi a morirne. Eppure, a lui non rinuncio anche quando sono costretta a buttare giù quello che ho costruito e a ricominciare daccapo.
Quel progetto sono io. Per non correre il rischio di vivere una vita di striscio, per non sprecare energia e vitalità rincorrendo i sogni degli altri, per non confondersi in funzione delle aspettative altrui, per non annullarsi dinanzi a prospettive di vite da cartolina, ecco, per questo io resisto. E lo dico e lo ribadisco, non è tanto il dolore – al quale ci si abitua – a fare male,  ma la solitudine interiore che ogni tanto t’illudi di mettere a tacere, condividendo pensieri, sensazioni e sciocche quotidianità con chi pensi t’amerà e amerai per sempre.

Stamattina, venendo il ufficio, la radio trasmetteva questo brano, parte della colonna sonora di una deliziosa commedia con Susan Sarandon e Richard Gere, Shall We Dance?, interpretato da Peter Gabriel anche nel suo ultimo disco di cover. E ho fatto fatica a trattenere le lacrime, come ogni volta che vedo questa scena. Perché quando ami davvero una persona non la cambieresti per nulla al mondo e dopo anni puoi sempre amarla come la prima volta. E perché la vita non è una cartolina né un film, ma se lo si vuole veramente si può vivere una vita piena e non una vita di striscio.

E’ finita?

1 Febbraio 2010 3 commenti

Game OverQuando è veramente finita non lo sai mai. O meglio, c’è un momento in cui ci si dice: “Adesso basta!“, ma non significa che ce la farai. Puoi ricaderci mille e una volta perché, si sa, viviamo di strascichi e siamo altrettanto bravi nelle intenzioni quanto nell’autolesionismo. Così, se si tratta di dare un consiglio a un amico viene fuori tutta la nostra determinazione: “Smettila di pensarci; non puoi continuare a farti del male; ti provocava più danni che piacere; ce la puoi fare a vivere senza… ” e tutta una sequela di buoni consigli, tanto facili da elargire quanto difficili da applicare. Ma quando si vive la mancanza in prima persona, le giornate diventano interminabili e ci sono momenti in cui la tentazione di ricominciare è dietro l’angolo. Pensi, ripensi, sogni, desideri e ti dici che una volta sola ancora non potrà fare poi tanto male; che tutti, prima o poi, riescono a tagliare i ponti definitivamente, ma non deve necessariamente avvenire con drasticità.

Magari, ci si allontana gradualmente, in punta di piedi, senza dare nell’occhio e senza soffrire troppo. Riprovandoci quando proprio non se ne può fare a meno… Perché è l’idea del basta per sempre che è difficile da accettare.
Non si riesce proprio a pensare: “Da oggi non fumerò mai più“.

Luoghi comuni

15 Gennaio 2010 8 commenti
  • Io sono per la non violenza, ma a quella lì gli spaccherei la faccia che con l’aria da santarella fa la gatta morta con il mio ragazzo!
  • Io non sono razzista, ma come si permette quel gigante nero a dirmi qual è la differenza tra lo scontrino fiscale e lo scontrino del pagobancomat? Ma se fino a un mese fa viveva in mezzo alla savana!
  • Il miglior disprezzo è l’indifferenza, ma se il capo riprova a umiliarmi gli faccio un pezzo alla ‘Fight Club’: mi picchio da sola e lo denuncio per violenze.

Ecco, sfido chiunque a non aver mai provato/pensato/vissuto una situazione simile.
Quindi, l’alternativa è: o si è non violenti/tolleranti/tranquilli a parole e poi nei fatti la rabbia/il rancore/l’intolleranza prendono il sopravvento, oppure si subisce e s’interiorizza l’incapacità di reagire con il risultato di essere costantemente frustrati e repressi.
Sicuramente, c’è una terza via, ma al momento mi sfugge. Anzi, gli sfuggo io per incapacità.
Siamo tutti buoni a parole.

Discovery

11 Gennaio 2010 6 commenti

Inizio il 2010 pubblicando una riflessione, scritta l’8 ottobre 2009, che ho lasciato a decantare fra le bozze come faccio spesso prima di pubblicare caXXaXtXe. A volte, il metodo funziona e mi/vi risparmio noiosi sproloqui, altre, invece, pubblico comunque dopo il tempo di posa, con l’aggravante di non aver capito lo scarso valore di ciò che scrivo nemmeno a distanza di mesi…

Oggi ho fatto una scoperta che, se fossi il Piero Angela della psiche, meriterebbe un ciclo di puntate d’approfondimento. Non essendo Angela, ma solo VicKy, è probabile che non riesca neanche a divulgarla correttamente o, magari, che alla fine mi renda conto di aver scoperto l’acqua calda… eppure, per me, è stata una vera e propria rivelazione.

Antefatto
Avevo un progetto letterario per il quale stavo raccogliendo una serie di scritti/riflessioni sugli uomini, nel senso di maschi e non di genere umano. Così, vado a ripescare alcune pagine e rileggo cose scritte a partire da una decina d’anni fa. Mentre vado avanti nella lettura comincio a intravedere similitudini di sentimenti, aspettative, caratteristiche e addirittura situazioni che mi sembra di essere in un dejavù!

Considerazioni
L’autore, che sarei io, scrive di cose che sembrano essere accadute ieri, si rivolge a persone che hanno in comune passioni e persino dati anagrafici, descrive emozioni, paure, aspettative e situazioni che potrebbero riferirsi facilmente a persone che allora non conosceva…

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Giornate no

30 Dicembre 2009 4 commenti

FataLunaOggi è una giornata no. Ogni tanto mi capita, soprattutto durante le feste in cui il mio umore è abbastanza altalenante, per usare un eufemismo. I motivi per cui mi sento così sono i più vari e inutili, dal mal di testa appena ci si alza, al tempo sprecato o, meglio, utilizzato per fare tutto ciò che non ha che fare con i propri desideri, impegni, urgenze.

Appunto, le motivazioni sono quelle di sempre, ma ci sono giorni in cui non si riesce a dargli il giusto peso e anche una piccola inezia si trasforma in un ostacolo insormontabile.

Malumori. Voci dissonanti. E’ come se il mondo girasse a una velocità alla quale fatico ad adeguarmi. Sono infastidita e vorrei solo infilarmi sotto una coperta a guardare un film. Trattengo parole e pensieri, rimando discorsi e ostento una serenità che non ho, ma chi mi conosce lo capisce dal tono della voce o dal broncio che ho stampato in faccia.
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