Non sarò mai uno chef, né aprirò mai un blog di ricette, tanto meno uno di ricette GlutenFree. Per fare lo chef bisogna avere una passione sopra tutte le altre, mentre io ne ho tante, troppe, che si equivalgono e si alternano nella mia vita. Di food blog, invece, ce ne sono già di validi e completi, dai quali attingo preziose informazioni e ai quali non mi sognerei mai di fare concorrenza. Ciò non significa che io non ami cucinare, ma dopo la diagnosi di celiachia sono entrata in cucina più per aprire il frigorifero, che per preparare qualcosa di sano e genuino. Il mio forno in questi ultimi sette anni avrà cotto forse una decina di dolci, ma centinaia di pizze surgelate…
Da un pò di tempo, però, ho fatto pace con i miei ‘geni celiaci‘ e, navigando il web in lungo e in largo, ho scovato dei veri e propri tesori. Non mi riferisco solo ai suggerimenti e alle ricette che hanno trasformato in realtà piatti fantascientifici per un celiaco. Penso soprattutto alla determinazione e alla testardaggine di alcune food blogger che, armate di grembiule, attrezzi da cucina e macchine fotografiche, mi hanno restituito la ‘fantasia‘ perduta, tirandomi fuori dal guscio in cui mi ero rinchiusa.
E’ arrivato il mio primo regalo di Natale: 4 clip inedite registrate da Bruce Springsteen and The E-Street Band nello storico Carousel House del New Jersey. E io ancora mi emoziono come se fosse la prima volta che lo ascolto o come se fossi lì tra quel pubblico fortunato che se l’è goduto così da vicino.
Dalla fine dell’estate a oggi, sono volati tre mesi e si sono portati via il sole, Ermanno e un pezzo della nostra fanciullezza. Non siamo più figli, anche se alcuni di noi hanno ancora genitori da andare a trovare. I capricci di ieri sono i malumori passeggeri di oggi, perché la consapevolezza ha preso il sopravvento e non possiamo più rimandare il futuro. In un istante tutti i sentimenti sono rimasti sospesi sulle nostre teste, come nuvole in attesa di piovere. E, nonostante tutta la pioggia di questi giorni, l’inverno non è ancora finito. Forse, in un istante passeranno altri tre mesi e ci ritroveremo in primavera. Forse basterà un solo istante per far tornare il sorriso. Forse, se continuiamo a resistere, avremo nascite e guarigioni da festeggiare. Forse, tutto questo dolore compresso servirà a far esplodere gioie inattese. Leggo questa bella poesia postata da rosmilla che riassume il nostro semplice compito quotidiano: non dare nulla per scontato.
Sono 15 anni che vanno in onda su Radio 2, tutti i giorni dalle 8.00 alle 10.00 del mattino, dei veri highlander. Li ascolto da 10 anni, ma in realtà li sentivo anche prima grazie a mia madre, lamentandomi perché volevo ascoltare solo musica e non mi piaceva la Radio parlata. Sono le uniche due persone capaci di farmi ridere anche il lunedì mattina più nero, l’unica trasmissione che in momenti di depressione profonda mi ha dato lo spunto per resistere a condizioni lavorative decisamente terrificanti.
Si rinnovano sempre grazie a ospiti fissi come l’attore Giancarlo Ratti (imperdibile “è arrivato l’attorino” di quest’anno!) o maga Paiella e mago Roland (Max Paiella e Attilio di Giovanni), e a rubriche imperdibili come i musical della compagnia della Rancida. Insomma, una trasmissione in cui le (orribili) notizie quotidiane vengono commentate con ironia e sarcasmo, in cui non viene posteggiata la realtà in luogi comuni e si riesce a spostare il proprio punto di vista mantenendo i piedi per terra. Loro sono Marco Presta e Antonello Dose, la trasmissione è Il ruggito del coniglio e se in Italia si adottasse il buon senso che regna nell’Onu Coniglia (un’Onu in miniatura, con 5/6 stranieri che vivono in Italia e sono chiamati dai conduttori a decidere come comportarsi in situazioni di tutti i giorni, seguendo gli usi e i costumi delle proprie culture), certe scelte sarebbero certamente più eque e responsabili.
Ogni volta che mi viene in mente un argomento su cui scrivere, succede qualcosa che me ne fa intravedere immediatamente l’inutilità. A volte, è come se nulla avesse un senso, anche se ho tanti interessi che danno significato alla mia vita e mille motivi che rendono ancora valide le mie scelte.
Come disse un tale* in un’intervista, “molti preferiscono realizzare la propria identità, piuttosto che cercare la felicità. La felicità è un concetto vago”. Credo di essere tra quei molti, ma ho ancora parecchi No da dire e molti rifiuti da fare. Non è facile, ma so che quando si riesce a realizzare una piccola porzione d’identità ci si sente liberi e concretamente felici. Una sensazione tutt’altro che vaga e inutile.
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