Sembrerà assurdo, ma per avere la speranza di vedere il nuovo film di Alejandro Amenabar (The Others, Mare dentro, Apri gli occhi) dedicato a Ipazia, matematica alessandrina inventrice del planisfero e dell’astrolabio, donna di grande cultura che fu protagonista della prima battaglia tra scienza e fede, bisogna firmare una petizione. Il film, infatti, non piace alla chiesa per il suo atto d’accusa nei confronti dei fondamentalisti religiosi e nei confronti del vescovo di Alessandria che perseguitò la donna fino alla morte. Ad oggi, i distribuitori italiani tacciono e non esiste una data di uscita nelle sale del nostro paese.
Mi sembra follia. O, peggio, ordinaria amministrazione.
Io ho firmato qui.
Se volete visitare il sito ufficiale del film potete farlo qui.
Intanto, date un’occhiata al trailer che ho trovato sottotitolato in italiano.
Mi piace guidare. Da sempre. Non sono spericolata, rispetto le leggi e sono agile quanto basta per sopravvivere al traffico di una città come Roma. La macchina, però, la uso raramente.
Per la maggior parte del tempo vado in moto, attualmente uno scooter. E’ il mio mezzo ideale e lo guido ormai da parecchi anni. Decisamente più comodo, più economico e più veloce. Anche più divertente, direi. Prosegui la lettura…
Sento.
Ascolto le parole
vuote della ragione.
Sono fredde, seppur accorate
e chiedono conforto alle mie parole.
Teoremi che cercano dimostrazioni,
ragione che pretende motivazioni.
Un dolore che vuole essere lenito
e continua a chiedere le cose sbagliate.
Attacco il telefono e respiro.
Richieste, solo richieste.
Stessa forma, stessi contenuti.
Rispondo, ancora
a qualcuno che spero comprenda.
Progetti di cose semplici
la gioia di rivedersi.
Sitting on the riverside, I’m waiting and I’m looking for… no, I’m not waiting for my enemy’s corpse, absolutely not. Really, I’m sitting but at the same time I’m moving, I’m thinking and I’m trying to improve my life. In the meanwhile things happens, people comings and goins. Sometimes, someone comes back.
No, non continuo in inglese e perché dovrei farlo? Solo perché l’incipit mi è passato per la testa in una lingua che mastico, ma sovente sputo? Oppure perché mi è successo di sognare in inglese?
Vorrei poter stare in silenzio,
ma mi cavano parole dalla bocca.
E sono le stesse di sempre
anche se sono diverse,
e hanno il medesimo suono
anche se svaniscono nell’aria,
leggere come non lo sono nel mio cuore.
Vorrei che tutto tacesse intorno a me
per ascoltare il rumore delle gòcce
che con ritmo cadenzato
sembrano uscire dal mio corpo.
Non sono lacrime, ma stille trasparenti
che hanno il riflesso della malinconia
se le guardi in controluce.
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