Il curioso caso di Benjamin Button
Il Curioso caso di Benjamin Button, uscito venerdì nelle sale italiane, ha avuto 13 nominations agli Oscar di quest’anno. il film, tratto dall’omonimo racconto breve di Francis Scott Fitgerald, affronta il complesso rapporto che l’essere umano ha con il tempo attraverso la storia di un uomo ‘nato vecchio e morto bambino’. Mentre nel racconto di Fitzgerald il protagonista nasce nel 1860, nel film di David Fincher Benjamin Button (interpretato da Brad Pitt) nasce l’ultimo giorno della prima guerra mondiale. La sua è una vita al contrario e la sua crescita interiore corrisponde a un progressivo ringiovanimento del corpo, in cui solo per un breve periodo l’età anagrafica rispecchia il reale stato del fisico. Benjamin, però, considerato un diverso sin dalla nascita, ha la possibilità di crescere in un clima di sereno distacco dall’affanno delle contingenze della vita quotidiana. La donna che lo raccoglie dopo l’abbandono da parte del padre, infatti, lavora in una casa di riposo per anziani e non ha problemi a far accettare il ‘vecchio’ bambino dagli ospiti cui presta assistenza. Ben impara a guardare il mondo con la poesia degli occhi di chi ha vissuto una vita intera e, nonostante non possa giocare con i bambini della sua stessa età, cresce circondato dall’affetto dei tanti ‘nonni’ che vanno e che vengono dalla casa di riposo.
Benjamin, grazie alla sua diversità, ma anche all’amore della mamma adottiva, vive una vita fatta di continue scoperte. “Non sai mai cosa c’è in serbo per te”, continua a ripetergli Queenie (Taraji P. Henson), la donna di colore che lo ha adottato e il giovane non si limita a sperare, ma affronta piuttosto le opportunità che la vita gli offre con coraggio e semplicità. La sua vita cambia per sempre quando incontra, ancora bambino, Daisy (Cate Blanchett) nipote di una delle ospiti della casa di riposo. Da quel momento i due saranno inseparabili, anche quando la vita li porterà lontano uno dall’altra.
Il film è una di quelle epopee che attraversano gli anni e gli avvenimenti dal 1945 al 2003 con lo sguardo di un uomo per cui il tempo scorre all’indietro. Questo fa sì che le opportunità della vita vengano afferrate da Benjamin senza il filtro dell’età che, normalmente, induce gli esseri umani a valutare ogni cosa secondo stereotipi temporali tipo ‘è troppo tardi per me’ o ‘sono troppo giovane per’.
Osservare qualcuno vivere ogni piccolo evento come se fosse un magnifico regalo, che vede sempre il lato positivo delle cose, anche quando è doloroso perchè si tratta comunque di un insegnamento, fa sicuramente riflettere. Ed è significativa anche la scelta di far vivere a Benjamin e Daisy il momento della piena realizzazione amorosa e fisica all’età di 43 e 49 anni, età che spesso viene considerata l’inizio della fine di ogni speranza sentimentale. L’idea, poi, che il neonato Benjamin chiuda definitivamente gli occhi regalando uno sguardo ‘consapevole’ alla donna amata, racconta di una ‘sapienza’ infantile da pochi riconosciuta.
La storia, che Fitzgerald considerava la più divertente che avesse mai scritto, è raccontata con largo respiro e regala una pausa cinematografica tra i film d’azione e quelli d’avventura, lasciando spazio al fluire dei pensieri. Ottime le interpretazioni degli attori protagonisti. Da Tilda Swinton all’eclettica Cate Blanchett, fino a Brad Pitt candidato all’Oscar come miglior attore protagonista.
Ora non mi resta che leggere il libro e aspettare la notte degli Oscar per scoprire se e quanto questo film sia stato gradito all’Academy. Però, come disse Mark Twain, “Life would be infinitely happier if we could only be born at the age of eighty and gradually approach eighteen” e questo film ci dice che, forse, non dovremmo pensare al tempo che passa ma al modo in cui facciamo passare il tempo.
Vero, alla madre adottiva non avevo pensato, ma in fondo è lei che pur non nascondendogli la sua diversità gli trasmette la ‘misura’ della realtà. Esilarante, infatti, la scena in cui lo porta dal predicatore sperando che Benjamin possa alzarsi dalla sedia a rotelle e – Dio toglie, Dio dà – Benjamin si alza e il predicatore muore 🙂 (spoiler!)
E la leggerezza di cui parli è propria di chi è riuscito a passare indenne attraverso le credenze, le paure e i principi subiti nell’infanzia, magari proprio grazie a una madre ‘affettivamente concreta’ o, anche, nonostante una madre poco presente.
Del film che in generale mi è piaciuto molto, mi ha emozionato soprattutto lo sguardo “leggero” di Benjamin al quotidiano. Leggero nel senso di non inquinato dalle contorsioni mentali consapevoli o meno che albergano mediamente nella nostra testa.
E bellissima è la visione della vita della mamma adottiva Queenie, che contribuisce fortemente alla visione sana e “presente” che Benjamin ha della sua vita e di quella altrui.
Verissimo, solo che non ho raccontato niente di più di quello che hanno raccontato tutti, in Tv, sul Web e per radio, anzi mi sembra di aver detto molto meno! Piuttosto, visto che mi sembra di aver ‘vagamente intuito’ che il film non ti sia piaciuto mi piacerebbe una tua recensione… sempre se ti va di parlarne! 🙂
Le trame non si raccontano,ahahahahahah