Balla con me, Johnny
Mi è capitato di rivedere dopo tanto tempo un film che all’epoca della sua uscita, il 1987, mi era piaciuto moltissimo anche se non lo avevo confessato apertamente, perché troppo sentimentale e poco consono alla mia fama di “rockettara”! Si tratta di Dirty Dancing, la commedia musicale che ha reso famoso Patrick Swayze, in seguito protagonista di Ghost e dell’indimenticabile Point Break.
Ricordo di essermi immedesimata parecchio nel personaggio di Baby (Jennifer Gray), sedicenne colta e secchiona, poco incline alle relazioni sociali e perennemente annoiata dalla mediocrità dei suoi coetanei. Succede che la suddetta ragazzina, in vacanza con i genitori presso un villaggio turistico, resti affascinata dall’insegnante di ballo, un tipo “coatto” e muscoloso che niente aveva a che fare col suo predecessore più famoso John Travolta, altrettanto “coatto” per gli anni ’70. Ricordo di aver trascinato al cinema il mio fidanzato di allora che generalmente, forse per amore o per apatia, tendeva ad assecondare le mie scelte. Il film mi piacque talmente tanto che non appena passò in televisione lo registrai per rivederlo la sera di nascosto, quando tutti se ne andavano a letto, e per provare davanti alla Tv i passi di ballo (nonostante la mia ben nota idiosincrasia per i balli latino-americani!) che Baby imparava da Johnny, Patrick Swayze, appunto. A distanza di anni, non resistendo all’ennesima visione nostalgica, ho rivisto il film cercando di capire cosa mi aveva tanto colpito. In effetti, la storia non è così banale come sembra e capisco perché abbia avuto un grande successo di pubblico, nonostante la critica non lo annoveri nei classici del suo genere. In realtà, la storia di Baby racconta innanzitutto la rivincita delle ragazze “carine ma intelligenti”, da sempre sfigate rispetto alle sorelle più belle, quelle con smalto e messa in piega perfetta, capaci solo di fare smorfie e dire sciocchezze. E questo già basterebbe a spiegarne il motivo del successo. C’è poi da dire che si racconta il momento del passaggio dall’adolescenza alla maturità. Baby, infatti, che si sente imbranata fuori da una conferenza o da un convegno di storia, scopre la sua femminilità attraverso il ballo e vede in Johnny qualità che tutti ignorano. Nasce una storia d’amore in cui i ruoli si ribaltano: Baby, nonostante l’inesperienza e la giovane età, si dichiara al suo impacciato insegnante di danza coinvolgendolo in un ballo sensuale che li porterà finalmente a stare insieme. “Balla con me, Johnny“, dice una seducente Baby con il tono di chi ha la certezza di un desiderio che non nasce dall’esperienza, ma da un sano sentire di donna. E Johnny, ambito trofeo di ricche signori e provocanti ballerine, si guarda attraverso gli occhi di una ragazzina ingenua e tenace che gli restituisce fiducia in sé stesso e se ne innamora. Beh, sarà pure una commedia popolar-sentimentale, piena zeppa di elementi capaci di fare presa sul pubblico adolescenziale, ma se paragoniamo Baby alla Babe di Tre metri sopra il cielo, film adolescenziale dei giorni nostri, dobbiamo dire che Dirty Dancing è un capolavoro! Baby è una ragazza che scopre la propria dimensione femminile attraverso l’amore, con la consapevolezza e la naturalezza di una donna, ribellandosi alle ansie paterne con grazia e determinazione; Babe, invece, è un’immatura e vuota ragazza della media borghesia che si lascia trascinare in un vortice di esperienze estreme che non la fanno crescere, facendo di lei una donna “irrisolta”, come si vede nel sequel del film. Insomma, confermo il giudizio positivo di allora su Dirty Dancing, piacevole e ben fatta commedia sentimentale, mentre ribadisco la scarsa considerazione per Tre metri sopra il cielo, film privo di qualsiasi elemento d’interesse, fatti salvi gli occhi di Riccardo Scamarcio che possono sicuramente competere con i bicipiti di Patrick Swayze.
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